pierinoeillupo
sabato 26 dicembre 2009
Alla Memoria di Vic Chesnutt
pierinoeillupo
venerdì 25 dicembre 2009
LE RAGAZZE SONO COSI’, ROMANTICHE E DAI CAPELLI LUNGHI. I MASCHI INVECE, PIU’ DURI E CON I BAFFI
(breve riassunto di come l’estate fece per esistere con l'inverno)
E’ già tempo.
Usciti in strada per il troppo caldo
se attesero,
attesero ammirando
i ghiacciai
dileguarsi.
Finì che scivolammo via
cullati dai riflessi del cielo
in centotrenta anni
o poco meno.
Era nel tempo.
E se accorsero,
ed accorsero,
lo fecero a nascondersi
per il troppo freddo
richiamati dal silenzio
dei raccolti illuminati
in cristalli giallognoli.
Finì
che morimmo di stomaco innamorato
dopo centotrenta anni
o poco più.
Cosa si può fare..
Le ragazze sono così,
romantiche e dai capelli lunghi.
I maschi invece,
più duri e con i baffi.
Così noi.
Tanto poi ci abitueremo.
Come l’estate fece con l’inverno per esistere.
mercoledì 16 dicembre 2009
Broken Drum
Che.
Spazio abbiamo ancora da guardare
prima che scenda il sottotitolo di coda
Posata lì ho visto
piegati tuoi i capelli,
intrecciati e neri
coprire gli occhi. Stavano.
Mentre tua la mente aggrovigliava.
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Lo sai che un giorno riderò e tu.
Ma non posso riportarlo indietro,
riappiccicarmelo
alla fronte mia scoperta.
Dove ho visto i tuoi occhi, lì so
cosa stavi pensando.
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Uno per uno.
Noi
lasceremo andare i nostri colpi.
Scivolando dentro
zampillerà felicità.
Ne faremo cemento.
Non dubitare mai, ne faremo
il giorno
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quando pronunciando
Buon viaggio
spero allora sia il risveglio.
Spero allora scorrano le lettere
come scorrono i giorni.
Come scorrono i giorni.
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Il tuo sole al tramonto. (Your setting sun)
Il tuo tamburellio interrotto. (Your broken drum)
Le tue piccole droghe quotidiane. (Your little drugs)
Ascolto.
Non dimenticherò mai.
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Non dimenticherò
Mai
giovedì 10 dicembre 2009
Robin Hood (Pulire portando coscienza ad alte temperature)
domenica 6 dicembre 2009
Weekly Reviews
mercoledì 2 dicembre 2009
Astemio diffida, da chi Astemio dice di essere, ma nessuna fiducia dà
Non sono un genio.
Io non sono astemio.
Questo è chiaro.
Quello l’ho capito.
Guardandomi.
Ascoltandomi.
Parlando con me stesso.
Studiando.
Il mio passato.
Il mio sesso.
Non mi parla come un genio.
Il mio passato.
Il mio sesso.
Non previde la parola astemio.
Il mio percorso fino ad oggi
finisce quotidianamente nel cesso.
Anche oggi.
Non ci ho trovato niente
che assomigliasse al genio.
Come ieri.
Non ho trovato niente
che mi ricordasse il mio essere astemio.
Tutto al contrario.
Girava.
Cose in giro sparse
che sparse in giro cose.
Ma nessuna scintilla scagliata nel futuro.
A volte.
Quando ci penso tremo.
Mi dispiace?
Quando mi tocco ripetutamente tra avambraccio e gomito e non sento niente.
Direi di sì.
martedì 24 novembre 2009
I caldi (A Stupinigi* c’è solo parco. Cacciavano tutto il giorno e sulla reggia c’è un cervo di bronzo)
Lo spazio che ci divide da ogni cosa
che non possiamo o non sappiamo
è un nostro limite
non un limite di ogni cosa.
Dal manuale di come si vive di Via Ozanam 75 –Temporaneamente in via Bonafous,5 (TO)
Una stanza.
Luce della stanza.
Una stanza da thè.
Dentro di me.
Con dei biscotti.
E le mie narici che scottano.
Entro.
Cioè esco.
Fiutando uno spazio circolare
Dove circolano i pensieri e suoni.
Parole passano pure.
Seguo un’immagine di luce veloce.
In un angolo stanca striscia
lì in bilico dietro il vetro di una tv.
Esci ogni tanto.
Cioè entra.
A braccetto con la mia volontà.
A braccetto con la luce.
Insieme alla luce
la stanza scompare
diluito lo spazio scivola nello scarico.
La mia volontà VS la mia possibilità.
Risultato piatto.
Come lo schermo.
Piano piano attrae pupille di gatto.
Mi assottiglio e si avvicinano.
per capire cosa ci sia.
Oltre il nulla.
Dentro.
Cioè fuori
Anche io scompaio
tra le vampate di un mezzo
per il freddo di un fine che non afferro.
Bene.
Bene.
Sorseggiate di thè.
La sciarpa.
La maglia.
I calzini e le mutande
di troppo
caldo.
Cioè freddo.
In tutta la stanza.
Ricompaiono visitatori con cui
incrocio le mani in segno di fiducia nel futuro.
Risposte non richieste
a domande che non avevo ancora pensato alle risposte.
Prima di incontrare il liquido.
E il caldo.
I caldi.
Prima di confondere il calore
con quello di quello schermo di una stanza da thè
Ma proprio a me?
In mezzo a mille.
Mi giro.
Proprio solo.
Proprio a me.
E che mi piacerebbe stare con una sensazione diversa
addosso, i mille caldi sì
ma tropicali.
Il limite delle mille cose
non è chiuso aimè nelle cose stesse.
Poi.
* La Palazzina di caccia di Stupinigi è un'architettura di Filippo Juvarra, facente parte del circuito delle residenze sabaude in Piemonte, proclamato patrimonio dell'umanità dall'UNESCO. È situata nella località di Stupinigi (comune di Nichelino), alla periferia sud-occidentale di Torino.
venerdì 13 novembre 2009
FIGLI DI un DO MAGGIORE
Il primo spettatore dei miei film sono io stesso.Vorrei che il pubblico e i critici piuttosto che focalizzarsi su quello che i miei film vogliano dire, pensino piuttosto ad analizzare quello che ho voluto tenere nascosto
Nagisa Oshima
1ma scena: Nella Foto di gruppo
Foto di gruppo in cui tu sorridi, io a stento riconosco me stesso.
Figurarsi in una foto.
Ogni foto che sembra un proprio mondo.
Un proprio modo
di stare al mondo.
2nda scena: Le impressioni
Quando mi guardi, mi guardi,
C’è impresso
come mi guardavi prima.
Quasi prima che nascessi.
Quando non mi guardi invece
non mi guardi proprio più.
3rza scena: Sensazioni per un mondo alla rovescia
Quando scendo dalla barca, sento come fossi ancora sulla barca.
Quando scendo dalla barca, sento come se salissi sulla barca.
Quando scendo dalla barca, la mia mente si concentra su un piccolo particolare e quasi casco in acqua.
Quando guardo dallo specchietto retrovisore, vedo uno specchietto retrovisore, sporco per giunta.
Quando guardo dallo specchietto retrovisore, ho paura che non mi dica la verità.
Quando guardo lo specchietto retrovisore, mi sveglio di soprassalto e sussulto come se tutti aspettassero che io guardi quello specchietto per punirmi con dolore.
4rta scena: per spiegare come sono arrivato a questo punto.
Se ti guardo e penso che mi stia mentendo, non sento niente.
Sento il vuoto.
Formicolio alle mani e vertigini.
Desiderio di urlare e dire “tu mi stai mentendo”.
Lo so.
Ma continuo a non saperlo.
Faccio scorrere il tempo.
Sorrido.
E mento anch’io.
Penso che mentire è come dire la verità, dipende dalla posizione
della verità rispetto alla bugia.
E’ una buona scusa penso
mentre ti guardo mentire.
Continuo a guardarti.
In quei momenti penso che se ti mentissi anche io
mentiremmo entrambi.
E potremmo ricominciare daccapo.
Senza che cambi nulla.
Ma non cambia nulla in nessun caso.
Se tu mi stai mentendo.
Non mi interessa,
Le tue menzogne non sono neanche così belle.
Ed il mio cervello si addormenta.
Poteva essere molto meglio di così.
Ma anche così va bene.
Se guardandoti penso che ti stia mentendo, non sento niente.
Sento il vuoto.
Formicolio alle mani e vertigini.
Desiderio di urlare e dire “guardami, ti sto mentendo”.
Mi strappo i vestiti con la terza e quarta mano.
Lo so io e lo sai tu, ma continui a non saperlo.
Faccio scorrere il tempo.
Sorridi.
E aspetto che menta anche tu.
Penso che mentire è come dire la verità, dipende dalle soluzioni
delle verità rispetto alle bugie.
E’ una buona scusa non pensi?
Sbatti gli occhi.
Continui a guardarmi.
Mi mordo le labbra dove solo io posso guardare.
E trattengo il mio sorriso di rabbia con dolore.
In quei momenti penso che se mi mentissi anche tu
sarebbe tutto più facile.
Ma non cambia nulla.
Ormai è passato.
Se ti stia mentendo
non mi interessa.
Le mie menzogne non sono neanche così stimolanti
e spero come un bimbo che il tuo cervello si addormenti.
Poteva essere molto meglio.
Ma anche così va bene.
Grazie alla memoria.
5nta e ultima scena: Inconsciamente
E’ come se le mie pareti si espandessero.
E poi diventassero piccole.
E poi tornassero grandi di nuovo.
E poi piccole ancora.
A piacimento.
Con sforzo.
Mentre intorno mi guardano tutti.
E mi guardi tu.
E io guardo te.
Senza che nulla accada.