domenica 20 giugno 2010

José de Sousa Saramago (Azinhaga, 16 novembre 1922 – Tías, 18 giugno 2010)

sabato 24 aprile 2010

Le storie che si dimenticano

sono crepe nel cemento



Narrano di cambi di vento

di abitudini che si crepano

di chi era sicuro nel cemento.


Gli animali scalzi lo sentono

non hanno, e non perdono

Ricordi da convincersi


Un mare di paura in polvere

una palla che balla pura

sui lembi aperti di sé. Zen.


Il terremoto offende

l’intelligenza stabile

spoglia e l’anima le toglie


Trema l’inerzia al limitare

di ciò che mentre dorme muore

sotto il peso di carezze di madre.


La terra nera inghiotte e libera

il dolore passato ed il peccato

Il sacrificio relativo si dimena

riordina i pezzi della prospettiva.


Suonano alla porta

di ritorno da un futuro

di porte che non ci sono più


Ricordi da convincersi

non si entra e non si esce più.

venerdì 5 marzo 2010

Dalle guerre qui, alle guerre lì

(Monei facili
Vite impervie
Mani sudate
Cambi gomme
Fine)


Vissero pensierosi e felici

Costruirono immobili

i propri desideri più grandi


Scolpirono maschere tribali

i visi dei nonni Pregarono

Sulle spalle dei figli. Precari

posarono mani e lacrime

raccolsero secondo tradizione

dentro vasi non comunicanti


Soldi utili e avidi sgusciavano

otturando i solchi delle strade

Erano ere di mezzo


Era tardi. Dilagavano la peste

Si calpestava il calpestabile e più

del salvabile si salverà, nei libri:


Con sguardi Rapidi

A loro modo videro

E col tempo fecero la guerra.

sabato 20 febbraio 2010

L'armadio


Giano bifronte

Uno alla volta

Ping pong, ping pong

Soffoca il lato nostalgico

...

Scandito dalle case che abita

percorre d’istinto le rapide

che la sorte attende alla fonte

....

Dai prati ai parati

sigillato in scatola

spia con enfasi le cose sciogliersi

...

Sul divano raccoglie le briciole

di memoria in memoria la furia

spazzola e nasconde

Quello che c'era nel tempo e ora non c'è

....

Per questo mischia nei simboli le sue storie.

Pezzi di sè nell’Armadio

ogni gesta dimenticato

trova nel fondo del giorno

un posto e un conforto

...

Parla del resto con la coda dell'occhio

e convince altri di amare sè stesso

più di sè stesso, cerca la fine e l'inizio.

Indossa ogni sua forma, ogni suo vizio

...

Ordina le sue mode

trova un ripiano per loro rimedio

Le nuove e più belle in fila per prime

l'illusione comprime le altre sul fondo

...

Con tutte non sa cosa fare

Bene


Ci parla

Le piega

Le offende

Le appende

Le scarta

Le esorta

Le scorda

Ci lotta

Le indossa

Le fissa per l’ultima volta

Le passa a trovare quando ricorda

che come lui l’armadio invecchia

Le getta

...

Prima che dormendo la nafta

le assorba. Ed il tempo assorba

Prima che il fruscio che ha nella testa

renda la frequenza rumore costante

...

L’armadio diventi leggenda

le cose riposte divengano nebbia

...

Si alza e lo guarda

Indugia e lo svolge

Schiarisce la voce e

lo stringe tra le braccia

---

Un vecchio pallino passato

pandant con il mondo futuro

Soffoca. Scopre. S'accende

mercoledì 27 gennaio 2010

Non ho mai ucciso e mai ucciderei. Non ho mai bevuto e mai lo farei.

Sa mort nous sépare. Ma mort ne nous réunira pas. C'est ainsi; il est déjà beau que nos vies aient pu si longtemps s'accorder

Simone de Beauvoir


Scenario

Vampiri apatici avvolti in cappotti elastici

sbattono le ali e sibilano nella schiuma

di birre e composti per armi chimiche


Lune storte stilizzate su tutte le strade

portano a Roma gli alcolici in processione

su fogli incollano gli amari e l’amore

disegnano Dylan Dog e contano i mostri


All’interno

Luci al neon in lune a forma di pène

fluorescenti sfidano l’invidia del buio

Siamo in una toilette piena di scritte


“Credo in Dio. Credo all’Amore”

numeri a metà segnati sul muro

di gente confusa presa dalla fretta


Varcato l’uscio crediamo più a niente

fino al prossimo impulso dal basso

ventre chiuse dietro le porte del cesso

fisso il vetro cieco nei denti di gesso


Una breve aggiustata ai capelli empi

simboli di riconciliazione e pace

lì perdiamo tra il pettine i ricordi

come dopo il sonno sfregati gli occhi


In religioso silenzio

Attendo di sfogare lo stato di eretico

nel piacere sano del sangue alterato

sognando me stesso

che sogna se stesso


Infatti esco

--Esco e rimango solo io

e l’universo--


Seleziono e cancello le risa coi guanti

in un click trema il bicchiere in una mano

e ricomincio il sudoku di abbracci sudato


nell’altra lo sporco e le linee della vita

accanto il mio migliore amico è riuscito

a ordinare da bere di nuovo. Lo amo


Apologia della festa

A rimanere a casa di morte ero vivo

qui anche, ma non me ne accorgo

se condivido la fila i denari e la puzza


vestito, il peggiore dei bar di Caracas

si espande nel centro di Roma capoccia

Ringrazio la vita, i taxi e il rum d’annata

che danza asciutto sulle punte, delle dita


venerdì 22 gennaio 2010

Dio Ditu e Le nuvole

Una rondine non fa primavera

ma se è per questo neppure noi facciamo niente di così speciale


Tu sei libera

di pensieri come le nuvole


Elementi combinati tra shangai e fulmini

di sfumature e bagliori e caos e capi vestita


Fai finta di niente e dannati già quelli si sciolgono

i tuoi boccoli dentro un giorno di metà inverno


Ti agiti e nascondi i capelli dalla pioggia

Quella freme incurante e scende, sospesa

lasci i sorrisi alla strada come i coriandoli


Piano con gli occhi corri a ingannare le distanze

e reciti a brevi passi la danza che le calmi


ma le gocce annidate nei tuoi capelli aumentano

sbadigliano, litigano, si amano e addormentano


Su un letto intrecciato piangono di speranza

che per una volta io le lasci riposare in pace.