Questa è la historia del piccolo scavatore di buche, nato da una buca
in cui però non ebbe mai la coscienza di riconoscersi.
Almeno finchè il tempo non gli diede in mano una piccola vanga
per cominciare a scavare.
Almeno finchè un giorno qualcuno non gli diede una ragione
per continuare a scavare.
Una tenuta da lavoro un cappellino per proteggerlo dal sole
ed un sopraintendente che lo cullava come le onde cullano i pesci.
All’apparenza.
Frusta e carota. Sale e limone. Panna acida e zucchero.
L’esistenza del piccolo scavatore era legata al tempo. Soprattutto passato.
“Perché non hai futuro, perché chi nasce schiavo, tutta lavita schiavo rimane”
diceva il sopraintendente, che essendo sopraintendente
pur non sapendo se la intendeva.
“Perché chi nasce re, sempre schiavo tutta vita rimane, ma non lo sa.
E non lo sanno neanche gli altri. Per cui ben per lui che sia re”
Pensava invece lo scavatore, assorto nelle sue buche
in cui, nemmeno lui sapeva come, vedeva riflesse le sue giornate.
“Se non migliori, se non capisci, scaverai buche tutta la vita”. E intanto la vita era passata.
E per fortuna che arrivava sempre la primavera. E con lei anche il sopraintendente.
Ma più spesso il sopraintendente.
Saluta il signor sopraintendente, e il piccolo scavatore salutava il sopraintendente.
E se glieloavesserochiestoavrebbesalutatoanchesestesso.
Apparentemente soddisfatto. Apparentemente. Soddisfatto
che poi in realtà il piccolo scavatore
faceva una sua scelta
discavarelebuche
come il re faceva la sua scelta di essere re
e scavare altre buche
dove nessuno poteva vederlo
nemmeno il sopraintendente
che dal canto suo faceva anche lui la sua scelta.
Ma soprattutto la faceva il piccolo scavatore
che se avesse voluto
avrebbe anche potuto smettere per sempre
di scavare le buche, che tanto sotto la terra c’era la terra.
Questo però se fosse stato tutto come quando uno pensa bene
che la cosa giusta è a un passo di buca,
e non come quando invece si smette di pensare così, che è come spesso la realtà.
-Finale---------------------------------------
(Primo Finale, final tropo triste nemmeno troppo vero)
Nessuno notò quindi, neppure lui stesso, che la malinconia non lo scavatore, scavavano quelle buche
e che quella cava in realtà era solo il fondo della sua anima
che avrebbe fatto codesto per il resto della sua vita,
scavare buche nel fonde della sua anima
perché in più non sapeva fare nient altro
non sapeva come fare nient altro.
(Secondo Finale, finale triste ma meno del precedente e forse più vero)
ma in fondo c’era qualcosa che lo rendeva felice allo scavatore
probabilmente la parafrasi giusta per descrivere ‘sta cosa
è “masochismo”
o “piacerenelloscavarelebuche”
o terza possibilità
il tempo gli faceva credere così, chè la vita intanto passava,
o quarta possibilità
e ultima possibile
il piccolo scavatore ricavava la sua dose di felicità quotidiana
dal fatto che scavare le buche lo rendeva uno scavatore
seppur piccolo,
e lo salvava dalla paura di non essere niente.
(Terzo Finale, finale aperto, solo un po’ triste mentre si legge, ma foriero di speranza alla fine)
Il piccolo scavatore sapeva però
più degli altri
o forse allo stesso modo degli altri
ma non lo sapremo mai
>Perché va detto la globalizzazione è una cosa e la comunicazione è un’altra cosa. Due<
che scavare buche non era poi così male
se presa dal punto giusto della vista,
la vanga e la buca e la vita.
Ma non aveva scoperto il punto giusto
chè scavava sempre nello stesso.
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