lunedì 1 giugno 2009

Finestra dall'altodel La vita del piccolo scavatore di buche (chi si fa le buche sue supera agevolmente i cento anni)

Questa è la historia del piccolo scavatore di buche, nato da una buca

in cui però non ebbe mai la coscienza di riconoscersi.

Almeno finchè il tempo non gli diede in mano una piccola vanga

per cominciare a scavare.

Almeno finchè un giorno qualcuno non gli diede una ragione

per continuare a scavare.

Una tenuta da lavoro un cappellino per proteggerlo dal sole

ed un sopraintendente che lo cullava come le onde cullano i pesci.

All’apparenza.

Frusta e carota. Sale e limone. Panna acida e zucchero.

L’esistenza del piccolo scavatore era legata al tempo. Soprattutto passato.

“Perché non hai futuro, perché chi nasce schiavo, tutta lavita schiavo rimane”

diceva il sopraintendente, che essendo sopraintendente

pur non sapendo se la intendeva.

“Perché chi nasce re, sempre schiavo tutta vita rimane, ma non lo sa.

E non lo sanno neanche gli altri. Per cui ben per lui che sia re”

Pensava invece lo scavatore, assorto nelle sue buche

in cui, nemmeno lui sapeva come, vedeva riflesse le sue giornate.

“Se non migliori, se non capisci, scaverai buche tutta la vita”. E intanto la vita era passata.

E per fortuna che arrivava sempre la primavera. E con lei anche il sopraintendente.

Ma più spesso il sopraintendente.

Saluta il signor sopraintendente, e il piccolo scavatore salutava il sopraintendente.

E se glieloavesserochiestoavrebbesalutatoanchesestesso.

Apparentemente soddisfatto. Apparentemente. Soddisfatto

che poi in realtà il piccolo scavatore

faceva una sua scelta

discavarelebuche

come il re faceva la sua scelta di essere re

e scavare altre buche

dove nessuno poteva vederlo

nemmeno il sopraintendente

che dal canto suo faceva anche lui la sua scelta.

Ma soprattutto la faceva il piccolo scavatore

che se avesse voluto

avrebbe anche potuto smettere per sempre

di scavare le buche, che tanto sotto la terra c’era la terra.

Questo però se fosse stato tutto come quando uno pensa bene

che la cosa giusta è a un passo di buca,

e non come quando invece si smette di pensare così, che è come spesso la realtà.

 

-Finale---------------------------------------

(Primo Finale, final tropo triste nemmeno troppo vero)

Nessuno notò quindi, neppure lui stesso, che la malinconia non lo scavatore, scavavano quelle buche

e che quella cava in realtà era solo il fondo della sua anima

che avrebbe fatto codesto per il resto della sua vita,

scavare buche nel fonde della sua anima

perché in più non sapeva fare nient altro

non sapeva come fare nient altro.

 

(Secondo Finale, finale  triste ma meno del precedente e forse più vero)

ma in fondo c’era qualcosa che lo rendeva felice allo scavatore

probabilmente la parafrasi giusta per descrivere ‘sta cosa

è “masochismo”

o “piacerenelloscavarelebuche”

o terza possibilità

il tempo gli faceva credere così, chè la vita intanto passava,

o quarta possibilità

e ultima possibile

il piccolo scavatore ricavava la sua dose di felicità quotidiana

dal fatto che scavare le buche lo rendeva uno scavatore

seppur piccolo,

e lo salvava dalla paura di non essere niente.

 

 

(Terzo Finale, finale aperto, solo un po’ triste mentre si legge, ma foriero di speranza alla fine)

Il piccolo scavatore sapeva però

più degli altri

o forse allo stesso modo degli altri

ma non lo sapremo mai

>Perché va detto la globalizzazione è una cosa e la comunicazione è un’altra cosa. Due<

che scavare buche non era poi così male

se presa dal punto giusto della vista,

     la vanga e la buca e la vita.

Ma non aveva scoperto il punto giusto

chè scavava sempre nello stesso.

 

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